L’8 novembre si festeggerà il 60° anniversario della parrocchia di Hassi Messaoud. Cominciamo ad andare a vedere: le suore che visitano le famiglie del posto, i padri chiamati all’apostolato tutto particolare delle basi di petrolio…

Padre Marco vive da due anni circa in Algeria, dopo 14 anni di Camerun. La sua attuale missione si trova a Touggourt, oasi di 150 mila abitanti nel Sahara orientale. Con padre Davide, già in Costa d’Avorio, e con le Piccole sorelle di Gesù, formano la minuscola comunità cristiana del luogo.

Da Touggourt i padri del Pime si occupano anche della parrocchia di Hassi Messaoud, la città del petrolio, a circa 200 chilometri di deserto, dove sr. Lourdes, sr. Julia e sr. Annamma, Missionarie dell’Immacolata, fanno vivere da sette anni una comunità di presenza e servizio, visitando le famiglie e occupandosi di piccoli disabili, sia andando da loro, sia accogliendoli in casa. “Ad Hassi Messaoud, – raccontano – prima di noi non ci sono mai state comunità di suore. L’incontro con famiglie che portavano il peso nascosto di bambini disabili ci ha suggerito il tipo di presenza da inventare. Le ore passate con i bambini ci permettono di portare insieme alle famiglie le loro difficoltà. Abbiamo preparato per i bambini una sala in un container offerto da una società del settore petrolifero”.

E qui la storia della comunità si lega a quella delle basi di vita, dove vivono i lavoratori stranieri del settore del petrolio e del gas, che sono la parrocchia dispersa e imprevedibile dei padri del Pime: Touggourt.

P. Marco ha intervistato due di questi lavoratori:

I lavoratori di Touggourt

Enzo lavora nel settore da 34 anni. È stato anche sul mare del Nord. “Mi è sempre piaciuto avvicinarmi alla popolazione locale, conoscere diverse religioni e culture è una delle ricchezze del mio lavoro. Ma questo non è possibile in tutti i Paesi, specialmente oggi”.

Anche per Antonio “il bello è che si incontrano molte persone di culture, religioni e abitudini differenti dalle nostre, e che si possono stabilire relazioni di amicizia e dialogo”.

Conducono una vita strana divisa in due parti distinte: 28 giorni in Algeria, 28 giorni in Italia.“Quando sono in Algeria, niente feste, niente riposo”, spiega Antonio. “Dodici ore di lavoro al giorno. Immersione completa che non lascia il tempo di pensare ad altro. È un lavoro che dà tanto, ma che esige anche tanto. L’aspetto più delicato è quello delle relazioni con la gente, richiede un grande spirito d‘equipe. L’ansia è una costante: bisogna essere sempre concentrati e questo mette le relazioni a dura prova”.

Enzo aggiunge: “Per me il più grande sacrificio è la lontananza dalla famiglia. E oggi è facile comunicare! Molti anni fa, quando ero in Nigeria e non c’era internet, lavoravo su una nave. Chiamavo con la radio di bordo un radioamatore di Parigi che a sua volta contattava mia moglie per telefono e parlavamo una o due volte per settimana. E tutti quelli che si trovavano in zona su altre navi potevano ascoltare!”.

Parlano dei figli. “Ho cominciato ad avere una buona relazione con mia figlia quando è diventata adulta”, dice Antonio. “Ma quando era piccola, quando tornavo mi guardava come uno straniero. Non c’era il sistema dei 28 giorni. Anche i nostri figli fanno dei sacrifici”.

“Mia figlia”, aggiunge Enzo, “alla scuola materna faceva sempre questo disegno: la mamma, lei e una persona con le valigie in mano. Ero io, suo papà! In queste condizioni basta poco perché un matrimonio salti. Le tentazioni sono numerose. La distanza rende le relazioni complicate, basta un malinteso. E poi si perdono gli amici, le relazioni si indeboliscono”.

“Nel nostro lavoro”, concludono, “siamo sempre con l’adrenalina a mille! Questo aspetto è insieme bello e terribile. Perché è anche un lavoro che porta molte soddisfazioni e non è mai un lavoro di routine, un giorno non è mai uguale a un altro”.

Dentro l’Hassi nascosta

Una mezza dozzina di italiani ci invita a cena nella loro base di vita. La loro società ha sede a Roma e opera in Algeria. Una buona cena, si sta bene e si chiacchiera del più e del meno. P. Davide ci va regolarmente, perché questo è il suo apostolato settimanale. Poi ci si sposta in una saletta, si parla delle famiglie, ci si fa più prossimi… Così scopriamo che questi italiani non conoscono Hassi, non hanno mai camminato per le sue strade, non hanno idea di come sia il mercato, di dove sia la posta… Arrivano in aereo da Roma direttamente qui, sono scortati alla base, ogni giorno per 28 giorni sono scortati al posto di lavoro, che sia in città o nel deserto. Terminati i 28 giorni riprendono l’aereo per Roma. Non escono mai. Per venire alla messa, prima erano autorizzati a uscire un’ora alla settimana, sempre con la scorta; poi, dopo gli attentati che hanno rafforzato le misure di sicurezza, solo nelle grandi feste; ora le norme si sono nuovamente ammorbidite… Ce ne sono che vivono così per anni in Algeria, come in un edificio con porte e finestre chiuse. Hassi nascosta.

A cura di sr. Gabriella

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