Lasciare tutto e partire

Sono camerunese, dell’etnia Bamiléké, seconda di otto figli. Mio papà, oggi in pensione, lavorava nell’esercito per la custodia nelle carceri. Mamma è commerciante e casalinga. Quando avevo 9 anni, poiché il salario del papà era insufficiente, con i miei fratelli vendevo frutta e verdura di stagione alla stazione dei pullman. Poi papà è stato trasferito al Nord del Camerun. Io e la mia sorella più grande non eravamo ancora battezzate.

Un giorno durante la scuola elementare ho conosciuto una ragazzina cristiana e siamo diventate amiche. Mi parlava della sua vita di preghiera a casa, delle sue attività in parrocchia con i più piccoli (partecipava nell’Azione Cattolica) e veniva ogni domenica a chiamarmi per andare a Messa. Questa pratica di fede mi faceva sentire qualcosa che io invece non avevo e che mi mancava. Una domenica mi portò a salutare le suore. Non le avevo mai viste così da vicino, nel loro lungo abito azzurro cielo e il velo bianco. Mi sono detta: sono come angeli! Quel giorno si è mosso qualcosa in me, ma l’ho custodito in silenzio. Mi piaceva osservarle con i bambini, gli adolescenti, i giovani… Erano coinvolgenti!

A 12 anni ho cominciato il catecumenato con mia sorella. Durante i tre anni di preparazione al battesimo, mi ha colpito la vita dei missionari Oblati di Maria Immacolata. Dopo la Messa delle 6 del mattino, alla quale partecipavo di nascosto, vedevo il parroco partire per i villaggi e ritornare solo la sera o addirittura giorni dopo. E i sabati, anche se arrivava stanco, veniva subito in chiesa per l’adorazione e le confessioni. Ho cominciato a chiedermi: ma chi sono questi uomini? Perché hanno lasciato il loro paese per venire qui? Chi è questo prete che s’impegna tanto per noi, per la gente nei luoghi più lontani, difficili? Sempre, senza lamentarsi, entusiasta e gioioso? Si! È stata la loro passione missionaria a scuotermi, ma non sapevo che nome dare a questo turbamento.

A 15 anni, con mia sorella, ho ricevuto il battesimo da quel parroco che tanto mi aveva colpito. Nel frattempo sono nate difficoltà in famiglia, difficili da gestire da sola; sentendomi nel disagio sono andata a parlare con una suora e mi ha suggerito di parlarne con Dio, di dirgli nella preghiera quel che vivevo. Ma dopo qualche mese sono entrata in crisi. Non sopportavo più il clima che regnava in famiglia e nella mia profonda tristezza ho lanciato a Dio un grido di rivolta che, paradossalmente, mi ha riavvicinata a Lui. Poichè andavo spesso in chiesa per pregare, un giorno disperata sono andata, mi sono messa in ginocchio con gli occhi fissati su Gesù in croce gli ho detto : “Gesù chi sei? Perché sei crocefisso su questo legno? Scendi e fai qualcosa per la mia famiglia e per me”. Uscendo dalla chiesa, incontravo le suore e i preti che ritornavano dai villaggi, stanchi, ma gioiosi. Tutto questo restava impresso nel mio cuore: la mia famiglia e la vita impegnata ed entusiasta di quei consacrati.

A 18 anni, con la mia famiglia mi sono trasferita al Sud, ad Ambam. Non sono stati facili la partenza e il distacco, ma mi restava il ricordo di ciò che avevo vissuto nella mia esperienza di fede e di missione. I miei genitori mi hanno chiesto di rallentare il ritmo dei miei impegni in parrocchia per dedicarmi agli studi. Ho obbedito per 3 settimane, ma una dentro di me voce mi scuoteva dicendo : Carine, non puoi restare indifferente a quello che hai vissuto! Era una voce forte, a cui non potevo resistere. Allora, di nascosto dai miei, ho cercato le suore e mi sono presentata a sr. Regina, Missionaria dell’Immacolata, e le ho detto del desiderio che m’abitava: volevo ESSERE come le suore, ma FARE come il prete che avevo conosciuto.

Sr. Regina mi ha dato due libri sulla vita delle Missionarie dell’Immacolata. Quando li ho letti, ho sentito qualcosa che si acceso in me e che mi ha chiarito il desiderio di ciò che cercavo, sentendomi dire dentro: E’ questo che voglio: ESSERE MISSIONARIA…DA VOI! E tre giorni dopo sono andata a condividerlo con Sr Regina con cui ho iniziato il cammino. Rileggendo la mia storia, vedo che Gesù mi ha visitato e ha lasciato in me qualcosa di più grande di me: ecco la Buona Notizia che voglio gridare a tutti!

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