Il Sessantotto fu un fenomeno prima di tutto giovanile, ed in modo particolare studentesco. Caratteristica peculiare che fa delle rivolte di quegli anni una rarità storica, fu la simultaneità e la vastità geografica delle rivolte: in situazioni socio-economiche e geografiche molto diverse (dai Paesi europei al Giappone, dal Messico agli Stati Uniti) si assistette a forme di ribellione simili e contemporanee, senza che vi fosse stata alcuna forma di preparazione o di coordinamento. Tra la metà degli anni Sessanta e i primi anni Settanta, le giovani generazioni dei paesi più diversi si sono ribellate ai rispettivi sistemi politici, culturali e sociali.
Non un fatto, né un avvenimento, ma un complicato intreccio di uomini, donne ed idee, di episodi e comportamenti, di aspirazioni e desideri, di aspettative e delusioni. Un vento di cambiamento pieno di contraddizioni che ha soffiato su più di una generazione, sedimentando un sentire comune, quello della rottura con un assetto sociale e politico fondato sull’autoritarismo. Difficile ancora oggi dire che cosa è stato il ’68. Certamente una stagione diversa con tutti i pregi e i limiti che i grandi sommovimenti portano con sé. Il ’68 nasce come un movimento spontaneo e di ribellione, di carattere internazionale, in una prospettiva di rottura, che investe tutti gli ambiti della vita quotidiana, non solo quelli politici, ma soprattutto quelli più marcatamente esistenziali. In questo senso il ’68 è un’onda lunga che non ha ancora trovato la sua riva di approdo. Non un percorso lineare, ma una ragnatela di percorsi.

A seconda del paese in cui si realizza – e specie in Italia – segna anche la repentina trasformazione di quel movimento spontaneo in una serie movimenti giovanili mossi da ideali evangelici autentici e da desideri di cambiamento che ancora oggi fanno parlare di sé.

1968 – 2018 Cambiare il mondo? Si può!

E’ proprio nel ’68 che nascono alcuni movimenti importanti per la vita della Chiesa in Italia: Comunione e Liberazione voluta da Don Giussani a Milano, la Comunità di Sant’Egidio a Roma, la Comunità Papa Giovanni XXIII in Emilia e la Comunità di Bose in Piemonte fondata da Enzo Bianchi.

E’ un periodo di grande risveglio e di fermento di spiritualità che si innesta sullo spirito del Concilio Vaticano II.

·         A Milano Don Giussani capisce che la realtà giovanile non era riconducibile a una identità  anagrafica ma a una identità sociologica. Nel gruppo di giovani che riunisce intorno a sé viene scelto il nome di Liberazione in linea con i movimenti del ’68 ma una liberazione costruita in comunione con tutti quelli che portano avanti gli ideali di una nuova fraternità.

·         A Roma un gruppo di giovani comincia ad andare in periferia ad aiutare i bambini a fare i compiti: nasce così la comunità Sant’Egidio. Era il 7 febbraio del 1968, quando Andrea Riccardi riunisce un piccolo gruppo di studenti liceali attorno al Vangelo iniziando a spendere la propria vita al servizio dei più poveri, con la profonda intuizione che era questa la via per cambiare se stessi e il mondo. Vangelo, Amicizia e Poveri erano le loro parole d’ordine, insieme a un grosso NO alla violenza!

·         Al campeggio estivo del 1968 presso “Casa Madonna delle Vette” Don Oreste Benzi con un gruppo di giovani di Rimini decide di coinvolgere attivamente anche ragazzi con handicap provenienti da famiglie e istituti, applicando il concetto “là dove siamo noi, lì anche loro” rendendosi conto che “proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie”(1Cor. 12,22) alla Chiesa e alla società. Nasce così la Comunità Papa Giovanni XXIII il cui nome indica già di per sé lo spirito che la animava. Fu proprio Papa Giovanni XXIII a volere il Concilio Vaticano II.

·         Ed è alla fine di questo evento nel 1965 che Enzo Bianchi fonda a Bose, una frazione abbandonata del Comune di Magnano sulla Serra di Ivrea, una comunità monastica anche se solo nel 1968 viene raggiunto dai primi fratelli e sorelle. Suscitato e sostenuto dalla Parola di Dio, questo nucleo iniziale cercò subito le proprie radici nell’alveo della tradizione monastica, trovando così, come compagni, una grande nube di testimoni che lo avevano preceduto nel medesimo cammino, cercando di tradurre le esigenze del radicalismo evangelico nella storia, in luoghi, circostanze ed epoche diverse, ma sulle tracce dell’unico Signore e Pastore di ogni “piccolo gregge”.

·         Fu del 31 dicembre 1968 la prima Marcia di Capodanno a Sotto il Monte – Bergamo (23 Km) dal titolo “La pace non è americana, come non è russa, romana o cinese; la pace vera è Cristo” (padre Davide Turoldo). Era, infatti, il 1968, quando Mons. Luigi Bettazzi (Vescovo di Ivrea) assunse la presidenza del movimento Pax Christi che, nato nel 1954, stava attraversando il problema della contestazione giovanile. I giovani dei vari gruppi del nord chiedevano un impegno più concreto e profetico sui temi della pace e organizzarono la marcia per contestare il modo consumistico di iniziare l’anno e per appoggiare l’impegno per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza. Da allora le Marce della Pace diventeranno momenti di sensibilizzazione sui problemi urgenti della società civile ed ecclesiale.

Senza il Concilio Vat. II e senza la voglia di cambiamento del ‘68 queste comunità forse non sarebbero sorte. Esse hanno saputo mettere insieme due spinte che sono importanti ancora oggi: il valore grande della comunità, dello stare insieme, per una socialità nuova ispirata al Vangelo, e l’esperienza di aiuto alla società, soprattutto ai poveri e agli esclusi delle periferie. Scoprirono che l’ incontro con queste realtà non doveva avere come meta cambiare la realtà, ma cambiare se stessi.

50 anni fa i giovani avevano capito che cambiare il mondo era possibile: riproviamoci!

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