EDITORIALE
Chi è il santo missionario oggi? Qual è l’atteggiamento che il cristiano deve tenere per poter avere al centro del proprio cuore e del proprio agire l’annuncio del Vangelo?

Charles de Foucauld, l’uomo della fratellanza universale, Lazzaro Devasahayam, indiano convertito al cristianesimo dall’induismo che rifiutò le caste, Pauline Jaricot, inventrice dei gruppi missionari. Tre figure molto diverse tra loro ma accomunate da un solo desiderio: diffondere il nome di Gesù dopo averlo incontrato sulla propria strada. Tre persone proclamate sante e beate in questo mese da Papa Francesco, la cui forza spirituale deriva proprio da questo desiderio missionario di incontrare l’altro per annunciare il Vangelo nella sua forma più semplice e spontanea, quella che passa dalla relazione umana.

Santi vissuti nei secoli passati che hanno molto da dire anche a noi, seppure nella diversità dei contesti del nostro quotidiano. Sorge dunque la domanda: chi è il santo missionario oggi? Qual è l’atteggiamento che il cristiano deve tenere per poter avere al centro del proprio cuore e del proprio agire l’annuncio del Vangelo?

Per rispondere, la storia di Devasahayam è significativa: egli non ha infatti conosciuto Cristo attraverso l’opera diretta dei missionari ma grazie a un capitano militare francese che ha saputo parlargli della Parola di Dio
nel modo e nel momento giusti. Forse il capitano Eustache de Lannoy non immaginava che, partendo per le Indie, avrebbe avuto l’occasione di innescare il processo di conversione di un santo, per di più militare come lui. Davvero il Signore ci sorprende per come sa usare il nostro cuore, la nostra sensibilità, le nostre parole e il nostro agire per suscitare miracoli e conversioni. Se de Lannay non avesse parlato, forse Devasahayam non avrebbe mai incontrato Cristo.

Qualche giorno fa Simone, un giovane che si sta avvicinando alla professione dell’insegnamento, mi diceva: in fondo insegnare la matematica è solo un mezzo per poter far incontrare Cristo ai miei studenti. Oggi il missionario dedicato all’annuncio del Vangelo è colui che abita l’ambiente in cui è chiamato a vivere con il desiderio di Simone nel cuore, con la prontezza di riflessi di de Lannay che conserva nell’intimo una pagina della Scrittura per poterla raccontare a chi ha bisogno di sentirla. È quanto accade all’eunuco etiope quando incontra Filippo mentre si allontana da Gerusalemme (At 8, 26-40).
Oggi serve questa santità ordinaria, semplice, della porta accanto, per poter annunciare il Vangelo là dove siamo. Essa parte da una custodia continua e mai esaurita del nostro rapporto con il Signore Gesù. Perché questa è la fonte, l’origine e il contenuto della missione. Senza Cristo al centro, la missione non esiste.

Mario Ghezzi, Mondo e Missione di maggio 2022

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