EDITORIALE

In queste settimane ci siamo trovati a fare i conti con un ospite inatteso che, prepotente, è entrato nelle nostre vite e le ha cambiate senza nemmeno darci il tempo di prepararci: il Coronavirus. Qualcuno ha parlato di punizione divina, forse facendo riferimento a un’esperienza di Dio di sapore anticotestamentario, ma noi abbiamo a che fare con il Signore Gesù che non punisce mai ma accompagna e custodisce sempre. Per leggere cristianamente questi tempi incerti mi vengono alla mente due donne: la samaritana e Manì, che ha ricevuto il battesimo in Cambogia agli inizi degli Anni 2000 con il nome di Gianna Beretta Molla.

La samaritana arriva al pozzo per riempire la sua anfora e lì trova Gesù. I due si parlano, si incontrano veramente e la donna rimane folgorata perché quell’uomo le dice la verità di sé. Lei parte ad annunciare questa bella notizia dimenticando l’anfora, che è come dire: «Ho lasciato alle spalle i progetti di prima. Dimentico quanto avevo in testa perché Lui ha cambiato tutto, ora lo sguardo è diverso, è totalmente nuovo».

Così è per Manì quando nasce il secondo figlio, bello e vivace ma di una vivacità strana che nessuno sa capire. Arriva il momento di mandarlo a scuola ma nessuno lo accoglie. Finché un giorno un medico australiano fa la diagnosi: autismo. Una situazione che nessuno sa gestire in Cambogia. Non ci sono medici preparati; né scuole in grado di accogliere questi bambini. Spesso Manì si è chiesta: che cosa mi sta dicendo e chiedendo Dio attraverso questo figlio? Perché questa fatica a me? Anni di domande trovano una risposta quando coraggiosamente decide di aprire la prima scuola per ragazzi autistici del Paese. Oggi la struttura è un grande successo e suo figlio sta per entrare in quarta elementare nella scuola pubblica, seguendo i programmi dei suoi coetanei.

La samaritana sta di fronte a Cristo, lo guarda e gli parla, si lascia guardare da Lui e lascia che Lui dica la verità su di lei. Manì ha lasciato che la realtà di quel figlio amato la interrogasse e la cambiasse, sempre stando davanti al volto di Cristo con questa domanda nel cuore: «Signore, cosa vuoi da me?».

Noi oggi, di fronte al rischio e alla paura generati da questo virus testardo non possiamo far altro che stare nella situazione, rispettando le norme faticose che ci sono state indicate, con lo sguardo rivolto al Signore Gesù chiedendogli: «Signore, che cosa vuoi da noi? Cosa ci stai chiedendo e indicando con questa situazione?».

Oggi non abbiamo una risposta se non l’atteggiamento delle due donne: rimanere fermi davanti al volto di Cristo pronti a lasciare le anfore che non servono più, a cogliere la novità che questa situazione sta portando e porterà. Nello stordimento, sentiamo una mancanza fortissima di due cose: gli altri e Dio. Abbiamo capito quanto abbiamo bisogno di relazioni, di incontri fatti con la nostra carne. E abbiamo capito, con le celebrazioni sospese, quanto ci manchi Dio con il Suo Corpo. Questa situazione ci ha fatto riscoprire cosa sia l’essenziale della nostra vita. E non è poco!

Mario Ghezzi
Mondo e Missione – aprile 2020

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