La Direzione generale del Pime, in collaborazione con il Centro missionario, ha recentemente radunato in un incontro on line diversi missionari che si occupano di progetti marcatamente sociali. Hanno partecipato una ventina di confratelli da diverse parti del mondo, ognuno dei quali ha raccontato in pochi minuti il proprio lavoro lasciando spazio alle domande degli altri. È emerso un dipinto bellissimo del lavoro che il Pime fa nel mondo, che tocca ambiti di ogni genere, partendo sempre dai bisogni più concreti e reali della popolazione, scevro da impostazioni ideologiche o preconcette.
Ma più della bellezza e della varietà dell’opera svolta ha colpito la lucidità con cui è stato rimarcato da tutte le latitudini che «impegno sociale ed evangelizzazione non sono disgiungibili», a sottolineare che non siamo mai semplicemente una ong, siamo sempre annunciatori del Vangelo anche quando compiamo gesti che non sono di annuncio esplicito. Lo dice bene padre Kristofia dalla Cambogia: «Per me essere prete qui vuol dire anche accompagnare gli ammalati in ospedale, occuparmi degli studenti, andare a trovare i poveri e aiutarli. Ma sono tutte attività che hanno la loro radice nel portare Gesù a queste persone». È questo il nostro modo di agire sempre e ovunque, anche quando Gesù non è raccontato esplicitamente, come ci dice padre José Magro, dal Myanmar.
Uno stile confermato da Papa Benedetto XVI in un discorso del 2006 riportato in queste pagine: «Il fatto sociale e il Vangelo sono semplicemente inscindibili tra loro. Dove portiamo agli uomini soltanto conoscenze, abilità, capacità tecniche e strumenti, là portiamo troppo poco». La Chiesa, il missionario non possono permettersi di “portare troppo poco” perché ciò che hanno da portare è davvero tanto, è tutto: Cristo. Papa Francesco ha iniziato un ciclo di catechesi sull’evangelizzazione, rimettendola al centro dell’esperienza cristiana. Non abbiamo più alibi, noi cristiani d’Europa, non ha più alibi la Chiesa del Vecchio continente: riprendere l’azione di evangelizzazione o morire.
Ma sappiamo bene che la Chiesa non muore perché, al momento giusto, lo Spirito suscita pastori e cristiani santi e sapienti secondo il cuore di Dio che sanno riportare tutto al suo centro più vero. A ognuno di noi allora il compito di non perdere mai il cuore del nostro agire da cristiani: annunciare Cristo sempre e comunque, anche con il silenzio. Allo stesso tempo, ricordiamo il valore dei progetti esplicitamente pastorali, perché anche l’evangelizzazione ha dei costi che vanno sostenuti.

Mario Ghezzi, Mondo e Missione di febbraio 2023

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